Protezione internazionale: casi pratici e domande frequenti

Lo scorso venerdì è stato, per noi, una giornata campale. Tra le udienze di questa settimana da preparare e gli ultimi due atti in scadenza ci è stato notificato un provvedimento che aspettavamo da lungo tempo e non con poca apprensione. Un provvedimento emesso in un processo che ci ha portato un po’ fuori dal nostro vissuto quotidiano poiché ha ad oggetto la lesione del diritto a presentare domanda reiterata di protezione internazionale.

Ma andiamo con ordine.

K. si presenta presso il nostro studio poiché appena trasferito a Brescia da Roma e il Collega che lo ha seguito a Roma gli ha indicato il nostro studio. Decidiamo di riceverlo perché abbiamo letto della sua storia e ci sembra che non ci sia nulla da fare che preparargli una memoria che collazioni i suoi documenti.

K. aveva fatto domanda di protezione internazionale la prima volta raccontando la sua storia, ovvero quella di un giovane ragazzo omosessuale nato in un Paese dove l’omosessualità è punita con la pena di morte. Scoperto dai vicini di casa, il suo compagno viene ucciso, mentre lui riesce a scappare e arrivare fino in Italia. Alla sua storia la Commissione territoriale non crede e la sua richiesta di protezione viene rigettata. Stessa sorte per il ricorso che ne segue.

K. riceve, dopo qualche tempo, inviatogli dalla madre nel Paese natio, un quotidiano locale dove è riportata la notizia e dove viene evidentemente emessa una taglia sulla sua testa affinchè venga trovato e possa darsi corso alla sua sentenza senza processo.

Forte di questa documentazione chiede di nuovo protezione internazionale e, a questo punto, lo conosciamo. Prepariamo per lui una memoria in cui diamo conto di quanto successo e lo mandiamo serenamente in questura certe che non avrebbe potuto succedergli nulla.

Evidentemente sbagliavamo poiché dopo 5 ore che non lo sentiamo ci chiama una sua connazionale, preoccupata, che ci dice che K. È in isolamento senza effetti personali da almeno tre ore e che, secondo lei, lo stavano per reimpatriare.

Non ci occupiamo di richieste di asilo quotidianamente, ma ne abbiamo viste a sufficienza per poter ricordare che è solo la Commissione ad avere il potere di decidere se accettare o meno una richiesta. Partiamo per la questura. K. viene rilasciato con un’espulsione e senza alcuna documentazione inerente la sua richiesta di protezione.

È un cane che si morde la coda: non può avanzare un’altra domanda, ma nello stesso tempo è irregolare sul territorio e non può impugnare alcun rigetto perché non c’è stata alcuna decisione formale.

Studiamo, ci confrontiamo con Colleghi più esperti in materia ma sembra tutto talmente irrituale da non avere una soluzione. Tentiamo il tutto per tutto con un ricorso in via cautelare al Tribunale civile. Viene fissata udienza dopo poco più di un mese, la questura non si costituisce.

Dal giorno dell’udienza passano 17 lunghissimi giorni, ma poi arriva la decisione del Giudice: la questura deve provvedere a formalizzare la domanda di protezione poiché solo la Commissione ha facoltà di decidere nel merito.

Siamo felici. K. avrà la sua nuova possibilità, potrà dimostrare quello che lo attende nel suo Paese qualora fosse reimpatriato.

Questa storia, che oltre al dato professionale, ci ha impegnato molto anche all’atto emotivo porta con sé una serie di quesiti e questioni poco conosciute e tanto “chiacchierate”. Prendiamo l’occasione per elencare qualche dato giuridico.

Chi ha diritto a chiedere l’asilo politico (o la protezione internazionale)?

La Costituzione, all’art. 10 co. 3 dice “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica”.

Ma è la Legge 25/08 che specifica che è meritevole di asilo politico Chi ha timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche.

Come funziona la pratica dell’asilo politico?

Il richiedente asilo propone domanda alla questura, la quale inoltra la richiesta alle Commissioni territoriali (una/due per regione) e queste intervistano il richiedente stesso, decidendo se la sua storia è credibile oppure no. Avverso la decisione è possibile fare ricorso presso il Tribunale.

Che cos’è la “reiterata”?

La reiterata è la seconda domanda di asilo, proposta dopo che vi è stato un primo rigetto. Tale possibilità è prevista dall’art. 29 della L. 25/08. Questa seconda domanda deve essere diversa dalla prima, poiché in caso contrario, la Commissione potrà provvedere a dichiararne l’inammissibilità in tempo ristretto e senza procedere a intervista.

Cosa succede se l’esito della Commissione è favorevole?

In questo caso la questura rilascerà un permesso di soggiorno che può essere di rifugiato qualora venga accordato l’asilo, ovvero Ottiene lo status di rifugiato chi dimostri un fondato timore di subire nel proprio paese una persecuzione personale ai sensi della Convenzione di Ginevra, ovvero di protezione sussidiaria, che viene rilasciata dalla Commissione Territoriale competente qualora il soggetto non dimostri di aver subito una persecuzione personale ai sensi dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra del 1951, ma tuttavia dimostri il rischio di subire un danno grave se tornasse nel suo paese di origine.

Cosa succede se l’esito della Commissione è negativo?

In questo caso il soggetto non avrà alcun valido titolo di soggiorno e verranno avviate le pratiche di espulsione e reimpatrio.

Quali sono i dati numerici delle richieste di asilo?

Nel 2018 sono state avanzate 53.596 domande di asilo, di cui il 33% hanno dato esito positivo (dati Ministero dell’Interno).

Alleghiamo, ovviamente, l’ordinanza. https://drive.google.com/file/d/1kJhwza3NKTn86jZySwjaoXMAqgc5_R9E/view?usp=sharing

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